Giulia Petracca
L'Empatia
“La capacità di mettersi nei panni degli altri è una delle funzioni più importanti dell’intelligenza. Dimostra il grado di maturità dell’essere umano”. (A. Cury)
Tra le parole psicologiche diventate di uso comune sento spesso la parola empatia.
Ma cos’è, cosa significa essere empatici?
In generale viene definita come la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Rogers è stato uno dei primi autori ad usare il termine empatia e la definisce come la capacità di utilizzare gli strumenti della comunicazione verbale e non verbale per mettersi nei panni dell’altro identificandosi parzialmente nel suo mondo soggettivo, nel contesto di un’accettazione autentica e non giudicante. L’empatia quindi attraverso un’apertura attenta e non giudicante facilita e permette una comunicazione autentica.
L’empatia è fondamentale nelle relazioni umane, pensiamo alla relazione madre-bambino o a una coppia e può rivelarsi utile anche in ambiti lavorativi, permette di riconoscere l’altro, il suo mondo emotivo.
Per essere empatici non serve solo sintonizzarsi emotivamente con l’altro ma serve anche la capacità cognitiva di modulare quello che si sente per non farsi sopraffare dalle emozioni dell’altro; quindi riconoscere quello che è dell’altro e l’impatto che ha su di sé, quanto è sentito in base alla storia dell’altro e quanto può essere sentito in base alla propria storia tenendoli separati.
In psicoterapia è importante poiché la persona si sente accolta e compresa, ciò permette una maggiore apertura e una maggiore esplorazione dei propri vissuti; nel sentirsi compreso la persona accede e verbalizza il suo sentire e vissuto e questo poi permette di lavorarci nella direzione del cambiamento desiderato.
Se da un lato l’empatia è una caratteristica facilitante e positiva della relazione, c’è anche il rischio che possa diventare un ostacolo, se ci si mette troppo nei panni dell’altro si fa proprio il suo punto di vista e non si facilita una rielaborazione nel qui ed ora dell’esperienza.
Nel quotidiano inoltre, e anche nelle relazioni non terapeutiche il rischio per chi empatizza molto è di dimenticarsi di sé, di assorbire le emozioni dell’altro e di sovraccaricarsi anche per emozioni e vissuti dell’altro.
Quindi nella relazione è importante vedere e accogliere l’altro senza mai dimenticarsi di sé.